Europa

Sulla scia del Nutriscore arriva Eco-score per valutare l’impatto ambientale dei prodotti alimentari

Eco-Score Francia

Alcuni attori del settore alimentare francese, tra cui Yuka, Marmiton e Open Food Facts, hanno annunciato qualche settimana fa il lancio di un eco-score indipendente, un indicatore destinato a informare meglio e sensibilizzare i consumatori sull’impatto ambientale dei prodotti alimentari.

La discussione sulla relazione tra sostenibilità e salute non si ferma. Dopo Nutriscore, alcuni player digitali del settore agroalimentare francese hanno lanciato il loro eco-score per promuovere la consapevolezza e spingere i consumatori a ridurre il loro impatto ambientale. Si tratta di un dispositivo indipendente rispetto a quelli previsti dalla legge contro i rifiuti e a favore dell’economia circolare (strumenti ancora in fase di ideazione), ma è molto probabile che il meccanismo di questo nuovo modello indipendente venga comunque preso in esame dalle autorità francesi. 

In concreto, questo eco-score indipendente terrà conto dell’analisi del ciclo di vita del prodotto, produzione, trasporto, produzione di imballaggi e si baserà sui dati raccolti dal database Agribalyse, gestito dall’Agenzia per l’ambiente e la gestione dell’energia (Ademe). Grazie a questa analisi, il singolo prodotto ottiene un punteggio su 100, che verrà successivamente ponderato da “criteri qualitativi aggiuntivi” attraverso un sistema di bonus / penalità che tiene conto dei seguenti fattori (e potrà modificare la valutazione da -15 a + 20)

  • la presenza di un’etichetta certificata; 
  • l’origine dei prodotti;
  • la politica ambientale del paese produttore;
  • la stagionalità degli ingredienti;
  • la riciclabilità degli imballaggi;
  • l’impatto sulla biodiversità.

Se prendiamo ad esempio un prodotto alimentare quale il riso, quest’ultimo verrebbe valutato nella maniera seguente: 

A- Qualora fosse prodotto in India verrebbe valutato meglio se certificato come riso bio

B- Qualora un riso di marchio differente avesse esattamente le stesse caratteristiche di quello prodotto in India, ma fosse prodotto in Francia, questo riceverebbe una valutazione maggiore. 

A dicembre, associazioni ambientaliste e dei consumatori avevano aspramente criticato l’uso dei dati di Agribalyse, che rischierebbero di “favorire” l’agricoltura intensiva : questo perché il criterio che basa l’analisi sul ciclo di vita del prodotto, favorirebbe cicli di produzione più brevi, e quindi più industriali. Interbev, associazione operante nel settore delle carni e degli allevamenti, da parte sua, ha evidenziato incongruenze nei sistemi di valutazione ambientale che sarebbero incompleti e fuorvianti. I difensori del progetto, pienamente consapevoli dei limiti dell’analisi del ciclo di vita, hanno sottolineato che i bonus / penalità sono stati introdotti proprio per ovviare a questa distorsione, permettendo di promuovere prodotti certificati o km 0. 

Una battaglia (anche) economico-politica 

Il dibattito su questo Eco-score, che è iniziato in Francia dall’adozione, lo scorso febbraio, della legge sulla lotta allo spreco per l’economia circolare, ha diviso gli attori dell’agroalimentare. Da un lato, cinque pesi massimi del settore (Auchan, Fleury-Michon, Terrena, Sodebo e Advitam) spingono per il meccanismo della “Note Globale” (Valutazione Globale, ndr), un indice di valutazione, su una scala da 1 a 100, delle caratteristiche di un prodotto secondo criteri come la salute umana, il benessere degli animali, la tracciabilità, la responsabilità sociale delle imprese o il rispetto per l’ambiente. Dall’altro lato, troviamo il consorzio che ha proposto la valutazione basata sull’analisi del ciclo di vita del prodotto di cui abbiamo sin qui parlato. Il governo ha concesso ai produttori industriali del settore fino alla fine dell’anno per concordare un etichettatura ambientale. Dunque il dibattito è appena iniziato e, visti gli interessi in gioco, si preannuncia vivace.

L’Europa ancora divisa sull’etichetta nutrizionale

La situazione non è più chiara quando si parla della ormai famosa etichetta nutrizionale. Anche qui diversi sistemi di rating – e quindi diverse “filosofie” – si contrappongono agli attori del settore, battaglia questa volta combattuta a livello europeo. Come ormai risaputo, il dibattito si cristallizza tra due diverse proposte con concezioni radicalmente opposte, il Nutriscore e il Nutrinform. Il primo sistema di rating è supportato da Francia e Germania, e il cui codice colore – dal verde al rosso, e dalla A alla E – è già indicato sulla quantità di prodotti alimentari disponibili nei supermercati. Un approccio che privilegia gli alimenti contenenti proteine, frutta e fibre, a scapito di quelli con un contenuto troppo alto di zuccheri o grassi saturi. Il suo principale concorrente è Nutrinform, un sistema di etichettatura supportato dall’Italia ma che potrebbe ricevere il sostegno di altre nazioni che hanno già pubblicamente espresso le loro riserve su Nutriscore, come Ungheria, Romania o Repubblica Ceca. A differenza di Nutriscore, questo sistema difende un approccio più globale al food scoring, tenendo conto del concetto di porzione o di quello di impatto ambientale.

Nell’ambito della sua strategia, la Commissione Europea ha avviato una consultazione pubblica sulla futura etichettatura obbligatoria. È chiaro che molti attori interessati a questo problema sfrutteranno questa consultazione per sottoporre le loro preoccupazioni all’esecutivo europeo: anche qui le somme in gioco sono colossali e dal sistema di etichettatura scelto potrebbe dipendere il futuro delle aziende o anche di intere filiere agroalimentari europee. 

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