Un’astensione quasi record, un premio agli uscenti, una sconfitta per il RN…ecco cosa bisogna ritenere dello scrutinio della scorsa domenica.
L’astensione prima scelta dei francesi; i presidenti uscenti delle regioni confortati; l’uscita di strada del Rassemblement national (RN); il vecchio mondo che la fa in barba al nuovo; il front repubblicano, una parola d’ordine che funziona sempre: sono questi i 5 aspetti di rilievo da considerare a seguito del secondo turno delle elezioni regionali, di domenica 27 giugno 2021.
Un’astensione molto forte
Il sussulto sperato per il secondo turno delle elezioni regionali e dipartimentali non ha avuto luogo. Senza sorpresa, è rimasta ad un livello molto alto (-65,7%), secondo le estimazioni di Ipsos-Sopra Steria, contro il 66,7% al primo turno. Il leggero aumento di partecipazione tra i due turni non uguaglia affatto il balzo di all’incirca 10 punti percentuali rispetto al precedente scrutinio del 2015 (41,59% al primo turno, 50,09% al secondo). Questa volta qui, nessun esito positivo, o quasi. Né l’appello al voto della classe politica tra i due turni, né il tempo uggioso su buona parte della metropoli ha sortito una affluenza maggiore.
Alcun sussulto dunque, tranne che nella regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra (PACA), dove un duello serrato contrapponeva il presidente uscente Les Républicains (LR), Renaud Muselier, sostenuto da un fronte repubblicano, al candidato di Rassemblement national (RN), Thierry Mariani. Il risveglio della partecipazione, è stato tuttavia più timido (+4%) che nel 2015, quando Christian Estrosi, l’aveva infine riportava a discapito di Marion Maréchal (+8%).
Gli uscenti riportano quasi tutto
La partecipazione quasi stabile tra i due turni e le messe in guardia sui rischi di una smobilitazione del loro elettorato avrebbero potuto fare molto per assicurare i loro successi annunciati. I presidenti uscenti candidati alla loro rielezione riportano tutto o quasi. Il presidente uscente della regione Bretagna, Loïg Chesnais-Girard (sinistra), è uscito vincitore del secondo turno ma il suo risultato (29,8%), non gli permette di assicurarsi la maggioranza assoluta.
Dopo aver virato largamente in testa al primo turno, Carole Delga (Partie socialiste, PS), si conferma in Occitania, mentre il socialista Alain Rousset, che vinse le regionali a Bordeaux nel 1998, consegue il suo quinto mandato in Nuova-Aquitania.
A destra, ottimo risultato e a man bassa. Ultra favorito, Laurent Wauquiez (LR), ha distrutto la concorrenza RN e la sinistra nella regione Alvernia-Rodano Alpi. Eletto nel 2015 grazie ad un fronte repubblicano, Xavier Bertrand ha vinto la sua scommessa. In Île-de-France, eletta di giustezza sei anni fa, Valerie Pecresse ha largamente riportato il secondo turno, davanti la lista d’unione della sinistra guidata da Julien Bayou.
La sconfitta del Rassemblement national
Marine Le Pen aveva fatto la predica ai suoi elettori, la sera di un primo turno deludente, colpevole ai suoi occhi, di non essersi recati al seggio per votare. La collera fredda della presidente del RN, non ha avuto alcun effetto. Il partito di estrema destra, che aveva nutrito delle forti speranze di vincere almeno nella regione PACA, esce a mani vuote dallo scrutinio. Lontano dalle proiezioni dei sondaggi durante la campagna. Peggio, i risultati dei suoi differenti candidati, si traducono con un distacco della presenza RN negli esecutivi regionali. Un anno fa, all’esito delle municipali, il partito di Marine Le Pen aveva già perso il 44% dei suoi consiglieri. Due risvolti inquietanti per la presidente del RN, a meno di un anno dalla presidentielle.
Malgrado questo fallimento, Marine Le Pen, già candidata alla presidentielle, ha dato “appuntamento ai francesi, da domani, per costruire l’alternativa di cui la Francia ha bisogno”. La presidente del RN, ha spiegato l’astensione quasi record, affermando che si è trattato di “un’organizzazione disastrosa ed erratica, degli scrutini da parte del ministero dell’interno”, ed “un disincanto riguardo le elezioni intermedie”.
Per LRM, l’impossibile insediamento
Un pugno di eletti regionali su tutto il territorio nazionale ed una modesta consolazione in PACA, dove i “marcheurs” faranno parte dell’esecutivo: LRM ha profondamente fallito a collocarsi a livello regionale, domenica, rilanciando la questione del posto del partito per la candidatura alla presidentielle, di Emmanuel Macron. Non ci sono state delle buone sorprese, bensì delle delusioni supplementari: La République en marche (LRM), ed i suoi alleati hanno raccolto meno del 10% dei suffragi al secondo turno delle elezioni regionali, quando il movimento macronista era stato eliminato al primo turno in tre regioni.
Certo, i “marcheurs”, possono vantare la vittoria presso l’hotel della regione di Marsiglia, conservata da Renaud Muselier (LR), con il quale si era alleato già dal primo turno. Hanno inoltre potuto ugualmente rallegrarsi della sconfitta del RN. Ma i risultati della maggioranza presidenziale non sono meno calamitosi: appena più dell’8% per l’ex ministro François de Rugy nella regione Paesi della Loira, meno del 13% per la ministra Brigitte Klinkert nella regione Grande-Est, circa il 13,2% per la sua collega al governo Geneviève Darrieussecq (Mouvement démocrate, MoDem) in Nuova-Aquitania, o infine il 16,1% per Marc Fesneau (anche lui MoDem) nella regione Centro-Valle della Loira, dove tuttavia era presentato come favorito solo fino a qualche settimana fa.
Il fronte repubblicano tiene sempre
La sua fondatezza o la sua utilità sono state questionate durante la campagna fino al cerchio stesso prossimo del capo di Stato o a sinistra. Ma il fronte repubblicano difronte RN, continua a funzionare. In PACA, Renaud Muselier, arrivato secondo al primo turno, ha largamente battuto Thierry Mariani, appoggiandosi al sostegno della sinistra che ha deciso di ritirarsi.
