I produttori francesi dovranno cambiare le loro etichette per poter continuare le esportazioni. Il gruppo francese LVMH ha sospeso le consegne dei suoi champagne al mercato russo dopo la decisione della Russia di riservare l’appellativo “champagne” solo agli spumanti russi, mentre il vero champagne francese dovrebbe prendere l’appellativo di “vino frizzante”. Un nuovo esempio di abuso del nome “champagne” osservato in alcuni paesi, talvolta anche europei.
Vladimir Putin ha dato il via libera, venerdì 2 luglio, a una modifica della legge sulla regolamentazione delle bevande alcoliche che rischia di avere pesanti conseguenze economiche e sulle relazioni bilaterali Francia-Russia. Secondo questo nuova legge, solo i produttori russi avranno ora il diritto di apporre la denominazione “champagne” sulle loro bottiglie. I vini importati dovranno indicare una designazione di “vino frizzante”. Questo emendamento indica chiaramente che la legislazione russa non terrà conto della protezione della denominazione francese “Champagne AOC”. In reazione a questa decisione, Moët-Hennessy ha sospeso le sue esportazioni in Russia. In una lettera indirizzata ai suoi clienti russi, l’azienda francese ha annunciato che doveva effettuare una nuova certificazione dei suoi prodotti, che potrebbe costare diversi milioni di rubli. Ogni anno il 13% dei 50 milioni di litri di spumante e champagne importati in Russia proviene dalla Francia. Moët-Hennessy rappresenta il 2% di questo mercato.
Tutela dello Champagne in Russia: una vecchia questione
In Russia, il termine “champagne” è stato usato per lungo tempo senza problemi e per tutti i tipi di spumanti. Stalin fece creare uno “champagne sovietico” prodotto in serie alla fine degli anni ’30, con l’obiettivo di renderlo accessibile a tutti. All’indomani della caduta dell’URSS, questo “champagne sovietico” è diventato un marchio sinonimo di spumante di fascia bassa, ma ancora popolare in occasioni speciali. Uno stato di cose che non ha mai deliziato i produttori di Champagne, difesi dal Comité Champagne Interprofessional Champagne wines che da molti anni stanno conducendo una battaglia per proteggere questa denominazione, ormai minacciata in tutto il mondo.
Con questo emendamento, le autorità russe intendono certamente promuovere i produttori di spumanti locali. E in particolare quelli della Crimea, produttori ancestrali che hanno vissuto una seconda giovinezza dopo l’annessione della penisola nel 2014 e la loro piena apertura al mercato russo. Il marchio di punta del paese, il vino di Crimea Novy Svet, è di proprietà di un amico del presidente russo, Yuri Kovaltchouk. Appassionato di vino, Vladimir Putin ha contribuito ad aumentare il valore di mercato di un altro gigante russo del settore, Abrau-Durso, dopo aver affermato di poter eventualmente assumere un incarico in azienda dopo la sua carriera politica. Questo tipo di dossier dovrebbe interessare anche gli italiani: oggi la questione riguarda lo Champagne, domani potrebbe riguardare uno dei tanti prodotti italiani apprezzati nel mondo.
Conflitti sulle denominazione: alcuni casi anche nell’Unione Europea
Un altro caso recente si è prodotto nell’Unione Europea, dove il nome del vino “champanillo” utilizzato dai ristoranti in Spagna risulta certamente foneticamente molto vicino alla denominazione protetta “champagne”. Secondo l’avvocato generale alla Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) il riferimento non sarebbe quindi illegale. La CGUE, con sede in Lussemburgo, che non è tenuta a conformarsi a tale parere, non si è ancora pronunciata. All’origine della controversia: un’azione dei produttori francesi di champagne – tramite il Comitato interprofessionale dei vini di Champagne – promossa dinanzi ai giudici spagnoli per difendere i loro interessi. L’organizzazione vorrebbe vietare l’uso del termine “champanillo” (“piccolo champagne” in spagnolo), diffuso in particolare in Catalogna.
Nell’ambito della controversia, un tribunale d’appello di Barcellona ha deciso di interrogare la Corte europea sulla portata della denominazione di origine protetta. Il quesito era sostanzialmente il seguente: possono essere citate in giudizio delle aziende – come ad esempio un ristorante – per l’uso improprio di un termine riferito ad un prodotto tutelato? L’avvocato generale Giovanni Pitruzzella aveva risposto affermativamente. Secondo l’avvocato, il diritto dell’UE “protegge i prodotti a denominazione di origine contro qualsiasi pratica di sconsideratezza commerciale, sia essa relativa a beni o servizi”. Tuttavia, aggiunge l’avvocato, “nel caso di specie, il suffisso “illo” distingue, visivamente e foneticamente, il termine “champanillo” dagli altri termini messi a confronto. “L’avvocato generale esclude quindi che il termine “champanillo” costituisca un uso della DOP “Champagne”.
